Negli ultimi anni la tendenza minimalista è davvero decollata. Vestiti e mobili monocromatici e semplicistici sono diventati il punto di partenza per i giovani e alla moda. Ma alcuni hanno preso questa posizione minimalista un ulteriore passo avanti e ha creato uno stile di vita fuori di esso.
Molti hanno ridotto il loro guardaroba ad una quantità limitata di abbigliamento per risolvere le abitudini di acquisto non sane. Il termine armadio a capsula è stato coniato negli anni ’70 da Susie Faux. L’idea è di mantenere intenzionalmente un piccolo armadio con solo abiti di abbigliamento e abbigliamento in un tentativo di combattere il consumismo e di esprimere stile personale.
In una società capitalista siamo diventati completamente soggetti al feticismo dei prodotti, alla teoria marxista che il capitalismo porta alla società di equare le caratteristiche umane a oggetti inanimati. E possedendo questi oggetti otteniamo questi attributi. Un abito può renderti piuttosto, le scarpe possono farti raffreddare. Il feticismo dei prodotti è il motivo per cui tanti di noi negoziano come un modo per farci sentire meglio o per ottenere un senso temporaneo di compimento o fiducia.
Autore del blog chiamato “Un-fancy”, Caroline Joy ha iniziato a scrivere sul suo esperimento con armadi a capsula nel 2014. Lo ha fatto in modo da frenare il suo consumismo rampante che stava offuscando la sua felicità e drenando il suo conto bancario. Caroline ha scoperto che ogni volta che era sconvolta avrebbe acquistato come un modo per far sentire meglio. Questo spesso porta a vestiti che riflettono il suo stato emotivo anziché il suo stile personale. Dopo una lunga carriera, Caroline capì che per trovare il proprio stile doveva fermarsi compulsivamente allo shopping e all’alimentazione nella nostra società consumista. Caroline poi ha curato un armadio di soli 37 articoli per tre mesi senza shopping durante questi mesi.
Caroline notò che la vita limitata per quanto riguarda gli oggetti materiali l’ha resa più libera, in quanto deve trovare soddisfazione e fiducia dall’interno, anziché da un negozio.
Entro il 2016 le abitudini di acquisto di Caroline sono state ripetute. E mentre lei non usa più queste dure restrizioni nelle sue abitudini commerciali, Caroline sostiene che le abitudini che ha appreso durante l’esperimento della sua capsula hanno portato avanti le sue nuove abitudini. La spesa compulsiva è malsana e non efficace. Avere un armadio più piccolo con acquisti più intenzionali consente a Caroline (e altri) di vivere una vita più soddisfacente con uno stile più personalizzato.
L’armadio della capsula è ottimo per chiunque si sforza di avere una tonnellata di vestiti, ma solo finisce sempre con gli stessi preferiti più e più volte. Questo è spesso il risultato di impulsi dove si finisce con un gruppo di abiti mediocri che non si indossano mai perché non sono mai abbastanza giusti. Quando hai curato il tuo armadio, ti senti sempre di avere qualcosa di fantastico da gettare perché hai solo i tuoi preferiti.
E mentre molti sono in attesa di provarlo a causa del loro amore per lo shopping e lo stile, non dovresti lasciarti fermare. Caroline attesta il fatto che dover essere più restrittivi e particolari nelle tue scelte ti consente di alzare le tendenze per elevare la tua moda allo stile senza tempo.
Per avviare il proprio esperimento della capsula, è necessario limitare l’intero armadio a 37 elementi (incluse scarpe, cappelli, giacche, ecc.). Questi 37 articoli sono tutti che si possono indossare per 3 mesi (equivalenti a una stagione) e nelle ultime due settimane si inizia la preparazione per la prossima stagione.
Il modo migliore per capire cosa sia un elemento d’amore e che cosa è un meh è quello di mettere tutto sul tavolo … letteralmente. Prendi tutti i tuoi vestiti dal tuo armadio e li posa per terra. Da lì si è in grado di fare mucchi di ciò che ami, cosa è forse, che cosa è un duro, e oggetti stagionali (un tubo in inverno? Straordinario, ma non pratico).
E il gioco è fatto! Tutto quello che serve per iniziare sul tuo guardaroba proprio capsula.
